Scoliosi e Dysmofit®, metodologia ed applicazione
Cenni storici sull’origine e lo studio delle Scoliosi:
Dal Greco skolios ( storto, contorto, curvo ) + osis (condizione), la parola “scoliosi” indica una deviazione laterale ed una deformazione morfologica permanente della colonna vertebrale, non modificabile, congiuntamente ad alterazioni anatomiche delle vertebre e delle altre strutture che sostengono il tronco. L’Uomo, inteso come genere umano, è afflitto da tale patologia fin dall’assunzione della posizione eretta così come dimostrato anche da un disegno risalente all’Età della Pietra, raffigurante una scoliosi congenita dovuta ad un’emivertebra (Brothwell 1967). La verticalizzazione del rachide, ha segnato una svolta importantissima sia da un punto di vista morfologico che biomeccanico, per il miglioramento della condizione di equilibrio e per la deambulazione.
La scoliosi è, quindi, una malattia conosciuta fin dai tempi più antichi ; molti riferimenti sono stati ritrovati in antichissimi documenti cinesi, indiani ed egizi risalenti a 2000 anni prima di quelli ellenici ed ebraici ed anche nell’Antico Testamento si trovano tracce di persone con schiene curve.
Il primo Medico ad aver introdotto il termine così come lo studiamo ancora oggi (assieme al termine lordosi e cifosi), fu il greco Galeno vissuto nel II secolo a.C. Prima di Lui, Ippocrate ( il Padre della Medicina ) aveva denominato la scoliosi la deviazione della colonna vertebrale. Ippocrate, fu il primo a descrivere la variazione dell’eziologia della scoliosi, la relazione con una malattia polmonare e la difficoltà del trattamento di certe curve, nel “De Articulatione” del Corpus Hippocraticum.
Ma dobbiamo arrivare nel XVI secolo e precisamente nel 1582, per l’ideazione da parte di Ambrosie Parè, di un primo rudimentale corsetto metallico, derivato dall’armatura dell’epoca, da applicare al dorso di persone scoliotiche. Nel 1677, in Inghilterra e precisamente a Cambridge, Francis Glisson, nel suo “trattato del rachide” rievoca l’origine rachitica e la “Scoliosi rachitica” sarà l’equivalente della nostra scoliosi idiopatica fino all’inizio del XX Secolo. Durante il XIX secolo, gli esercizi ed i corsetti, rimasero i pilastri del trattamento, con l’invenzione di una distrazione su telai orizzontali o verticali con un’ingessatura. I progressi terapeutici, a dire il vero piuttosto lenti nei secoli successivi, ci portano finalmente al XX Secolo, con lo sviluppo ed il perfezionamento di indicazioni e tecniche anche per l’intervento chirurgico. Hibbs nel 1931 eseguì la prima artrodesi spinale (senza la necessità di gessi corporei) e Blount e Schmidt nel 1945 misero a punto il corsetto Milwaukee, il primo corsetto moderno soprattutto per il materiale utilizzato, che univa la trazione assiale della colonna all’azione dei pressori laterali. Nel 1949 e, solo nel 1962, Harrington effettuò il primo intervento chirurgico moderno (strumentazione di Harrington).
La Scoliosi, curva tridimensionale:
E’ il termine più appropriato per definire la scoliosi, essendo quest’ultima una delle più frequenti curvature anomale del rachide. La colonna vertebrale, ha una conformazione sinuosa che permette una notevole flessibilità comportante compensazione fra una curva ed un’altra. Considerata in tal senso, la colonna vertebrale, deve sopportare differenti carichi da cui derivano varie volte squilibri muscolari ed ossei. Da un punto di vista biomeccanico, la curva scoliotica è stata sempre considerata come una entità geometrica a sviluppo ed evidenza frontale; Ippocrate, per primo, denominò scoliosi la deviazione della colonna vertebrale sul piano frontale.
Esistono, però, altri elementi che, sommandosi alla deviazione sul piano frontale, consentono di tracciare un quadro più definito della situazione patologica. Difatti essa viene, oramai, considerata come una deformazione spaziale del rachide, persistente e non modificabile volontariamente, la quale di norma comprende non solo una deformazione frontale (inclinazione laterale), ma anche una deformazione sagittale (la lordosi o la cifosi), ed una deformazione orizzontale (la rotazione che si attua sul piano trasversale e la torsione che si attua nello spazio).
Può, quindi, essere definita come una deformità della colonna che, perdendo il suo assetto verticale, si torce su se stessa e sviluppa una curva nelle tre direzioni dello spazio. Per rotazione si intende la deviazione della singola vertebra sul piano trasversale e per torsione lo spostamento relativo della singola vertebra rispetto alle altre. La terza dimensione forma il gibbo.
Ci sono autori che attribuiscono alla scoliosi perfino una quarta dimensione: il tempo, vale a dire il periodo dello sviluppo e del suo evolversi. La scoliosi è, perciò, una “deformazione antero-posteriore in lordosi, generata da un movimento di torsione” (Pedriolle).
La colonna vertebrale,praticamente, si avvolge su se stessa come fosse una molla, per cui la scoliosi deve essere considerata nel suo volume e, non soltanto, come una unica curva piana. La colonna infatti, deve essere di sostegno, ma allo stesso tempo deve permettere movimento in tutti e tre i piani dello spazio; ogni deformità porta, quindi, una sofferenza non solo della colonna, ma anche delle strutture nervose e non ultima della gabbia toracica e, pertanto, dell’apparato respiratorio. Per descriverla si può individuare una curva primaria, ovvero di maggiore entità e curve di compenso, ossia emicurve minori che permettono il riallineamento della colonna sopra e sotto la curva strutturale.
E’ una patologia che possiamo definire asimmetrizzante e multifattoriale, ma non si è mai potuto ammettere realmente quanto detto. P. Sibilla, nel 1974 disse: “Sappiamo di più sul cancro che sull’eziopatogenesi della Scoliosi”… per sottendere quanto non esista una teoria che non presenti innumerevoli lacune. Il trattamento, essendo molte volte un’infermità grave ed antiestetica, cerca di favorire prima di utilizzare manovre compensatorie, lo sbloccaggio della colonna vertebrale senza sovraccaricare i distretti muscolari che possono essere iper o ipo-tonici. I soggetti con scoliosi accentuata devono essere monitorati perché possono peggiorare di un grado all’anno se adulti; tra i 9 e gli 11 anni c’è, invece, una fase di stabilità; alcune volte, però, essa si evolve a velocità proporzionale alla precocità di comparsa. La scoliosi, è una malattia
Quadro clinico:
Analizziamo, adesso, il quadro clinico di una scoliosi: la malattia, evolve in maniera subdola il più delle volte senza dolore e senza compromissione delle condizioni generali. Onde evitare un riscontro tardivo di essa, bisognerebbe ricercare in tutti gli adolescenti in età prepubere i seguenti sintomi in direzione cranio-caudale:
incurvamento laterale della linea risultante dall’unione di tutte le vertebre (curvatura della linea delle apofisi spinose)
asimmetria del livello orizzontale delle due linee congiungenti le spalle e le creste iliache (l’asse biacromiale e bisiliaco)
differente livello di altezza di una scapola rispetto all’altra nelle bambine, differenza di livello e di volume delle mammelle
asimmetrie dei triangoli della taglia (i triangoli destro e sinistro descritti dal profilo esterno del tronco e dal profilo interno degli arti superiori, dovrebbero apparire perfettamente simmetrici in una persona sana)
eventuale strapiombo del tronco rispetto al bacino accorciamento del tronco con conseguente diminuzione della statura dell’individuo
eventuale accenno o presenza di gibbo costale che si può ben evidenziare con il paziente che flette anteriormente il tronco.
Il sistema muscolare costituisce, in molti casi, la causa della deformità o comunque rappresenta una delle cause di aggravamento.